Non c’è albero che dà buoni frutti se gli mancano la terra o le radici. Ed è così anche in cucina: non c’è piatto di qualità se gli manca il legame con il territorio locale e con il clima di stagione o se non ci sono le tradizioni che lo sorreggono.
Lo dicono con i fatti i Cuochi Siciliani, che per il 35° Congresso regionale, celebrato ad Agrigento dal 25 al 27 febbraio, hanno scelto di lavorare prevalentemente con ingredienti locali e di stagione: in cucina legumi ecereali autoctoni, prodotti caseari del territorio, vini locali e selezioni dipesce azzurro; in pasticceria varietà siciliane di arance, le migliori qualità di ricotta, di pistacchio e di mandorle.
Con questi ingredienti di base, selezionati,miscelati e trattati grazie alle possibilità offerte dalle attrezzature professionali e di ultima generazione, gli chef siciliani hanno proposto piatti belli da vedere e gustosi da provare, mentre alcuni esperti di settore e produttori qualificati, coinvoltinell’esperienza congressuale,hanno offerto le risposte necessarie persoddisfare le crescenti richieste di informazione dei cuochi, sempre più attenti ad indirizzare le proprie scelte di lavoro.
“Abbiamo voluto celebrare le nostre radici – spiega il presidente dei cuochi siciliani Domenico Privitera – con gli ingredienti della nostra tradizione, andando a ricercare quelle varietà che la globalizzazione ha interesse a fare sparire dai nostri menù e dalle nostre tavole. Vogliamo contrastare l’omologazione commerciale attingendo risorse dalla grande ricchezza della nostra terra. La Sicilia è uno scrigno di materie prime e di cultura, ce lo insegnano persino i turisti che vengono a cercare nei nostri piatti il sapore della storia e la freschezza della natura, ma spetta a noi cuochi trasformare questa richiesta in una opportunità. L’idea intorno alla quale ruota la scommessa dello sviluppo del territorio è legare l’economia del turismo alla gastronomia e la formula contenuta nel titolo del congresso “Nutriamoci di Sicilia” sarà la chiave della nuova economia locale: così aiutiamo i produttori, difendiamo le tradizioni e tuteliamo la salute dei clienti”.
Agrigento,culla della civiltà mediterranea, con la sua magnifica zona archeologica della Valle dei Templi che domina l’abitato moderno,ha offerto ai cuochi, è proprio il caso di dirlo “su un piatto d’argento”,l’immagine simbolo della bella scommessa che li fa ambasciatori del territorio attraverso la riscoperta del gusto e la sua reinvenzione in chiave moderna. Il territorio con la sua massiccia storia,scritta su pagine di pietra,e le “giacche bianche”con la loro arte leggera, che dona fragranza e vitalitàai frutti della terra e del mare, diventano d’un tratto un’unica suggestione, formano un unico approccio alla Sicilia e simbolicamente si danno la mano per fare cultura, perché la terra nutre e i cuochi ne esaltano il gusto.
E come negli alberi sono le radici che alimentano la pianta, in cucina sono i valori del passato che forniscono linfa per i nuovi progetti. Per questo, con commozione, un pensiero è andato ad alcuni grandi protagonisti della cucina siciliana, come Francesco Paolo Cascino, Pino Correnti e Totò Schifano che, in anni in cui ancora non erano disponibili i mezzi di oggi,come le scuole professionali, gli eventi formativi, i libri, le opportunità e le altre sollecitazioni di cui possono godere i giovani oggi, hanno avviato con successo alla professione generazioni di cuochi siciliani, che ancora li ricordano con stima e riconoscenza.
“I risultati migliori e duraturi non vengono fuori dal nulla – hanno confermato gli chef Giovanni Cannavò e Germano Pontoni che, dopo anni di carriera continuano ancora a lasciare segni e insegnamenti, per ultimo illibro “L’ultimo carbonaio” che raccoglie le ricette e i ricordi delle origini della cucina locale – serve rigore, impegno e costante aggiornamento. Masoprattutto a chi si affaccia alla professione giova conoscere le preparazioni tradizionali, che sono i passi di base della danza in cucina, perché ci permettono di fare evoluzioni e piroette senza farci cadere”.
In questa scia di riconoscimenti all’anzianità di servizio, in un generale clima di festa, si è collocata anche quest’anno la rituale consegna dei collari del “Collegium Cocorum”, un’orgogliosa decorazione della quale i cuochi sono insigniti al raggiungimento dei 25 anni di attività, che a loro discrezione, può diventare medagliere di ricordi e di onorificenze, mentre i “Diplomi alla carriera” sono andati ai cuochi siciliani giunti alla pensione “per aver speso lunghi anni con dedizione, competenza e passione alla professione di cuoco”.
L’orgoglio di appartenenza ad una classe di operatori culturali, che sanno stupire prendendo per la gola, non si arena neanche di fronte al dilagante fenomeno delle intolleranze alimentari e delle allergie. E’ soprattutto il glutine,con la ferrea restrizione alimentare imposta dalla celiachia, a tentare i cuochi nel loro consueto dominio di sé, prospettando ansia e a volte anche panico. Inoltre, a mettere alla prova le abilità e le competenze nelle cucine, sono anche altre famiglie di alimenti, tra cui i crostacei, i latticini, l’olio d’oliva, le uova o anche alcune spezie, ad esempio.
Gli chef preparati però rispondono per le rime a queste trappole emotive, proponendo ai clienti intolleranti alternative varie e ugualmente golose. Anzi, la difficoltà aguzza la fantasia e la restrizione diventa una opportunità di crescita e anche di reddito. Lo hanno testimoniato chef stellati come Claudio Ruta, o il Team Manager della Nazionale Italiana Cuochi Gaetano Ragunì, intervenuti al dibattito insieme al direttore di “Italia a Tavola” Alberto Lupini e a Giuseppina Costa presidente regionale dell’Associazione Italiana Celiachia.
“Intolleranze e allergie rappresentano per noi un’opportunità – ha sintetizzato Rocco Pozzulo, presidente nazionale della Federazione Italiana dei Cuochi, sempre presente a tutti i momenti della tre giorni agrigentina – perché, offrendo attenzioni ai clienti che hanno un ventaglio più ristretto di alimenti, i nostri ristoranti si qualificano ancor di più e si garantiscono la presenza ai tavoli dei parenti e degli amici che accompagnano i clienti con esigenze alimentari speciali, moltiplicando le occasioni di servizio e dunque di lavoro e di reddito”.
A sugellare la rinnovata consapevolezza dei cuochi, promotori della crescita culturale della società, è stata la consegna ufficiale della bandiera della pace di Nicholas Roerich ai presidenti delle 9 associazioni provinciali. Un simbolo universalmente riconosciuto dai costruttori di pace di tutto il mondo che ora sarà presente nella vita e nelle attività dei cuochi siciliani che, diffondendo cultura, diventano portatore di pace. Perché, come recita un vecchio adagio, “dove c’è cultura c’è pace”.
L’Assemblea ordinaria regionale dell’Urcs ha chiuso l’edizione 2018 del Congresso, l’appuntamento è rimandato al prossimo anno quando ci saranno le elezioni del Presidente e del Consiglio Direttivo.
“Siamo felici di aver mostrato le eccellenze della tavola e la bellezza del paesaggio con le sue attrattive culturali ai colleghi delle altre province – ha dichiarato con orgoglio il presidente della sezione di Agrigento Sergio Sinagra – e siamo sicuri che la ricchezza del nostro territorio incoraggerà la fantasia,con la creazione di nuovi piatti e di nuove idee”.