Torregrotta e le magie dello chef Geraci

 

Di Maria Torrisi

Il ristorante “Modì” è una fucina di sorprese: un cappello a cilindro da mago appoggiato su un’altura che si affaccia sul golfo di Milazzo, col mare che si scorge in lontananza insieme al miraggio delle isole Eolie e la campagna che si estende ai suoi piedi con il profumo di terra misto a salsedine. La sua terrazza a strapiombo è appesa alla roccia. Sospesa, come il tempo che a Torregrotta, il Comune del Messinese rintanato sui monti, fuori dai circuiti turistici e dai conglomerati urbani, si dilegua per incanto, dopo soli 20 minuti d’auto che lasciano alle spalle la città dello Stretto e il suo rumore.

A stupire, con continue sorprese per gli occhi e per il palato, è uno chef imprevedibile, a partire dall’età. Ha soltanto 28 anni, ma le abilità, la classe, l’inventiva di chi di anni in cucina ne ha passati tanti e da esperto.

Giuseppe Geraci è un mago nella creazione dei piatti e li presenta come farebbe un prestigiatore: solleva una cloche e il fumo che si sprigiona, con i richiami al camino di montagna, avvolge i tocchetti di tonno immersi nei sapori di campagna; in uncramble croccante ha compattato l’intensità di un guazzetto di aglio e di prezzemoloche l’occhio non vede, mentre in una soffice schiuma bianca ha racchiuso il profumo dell’acqua di cottura del pesce; le olive nere sono diventate briciole di terra, la bruschetta si è trasformata in un morbido letto che accoglie le cozze sgusciate di una pepata totalmente rivisitata.

“Mi diverte cambiare la consistenza degli alimenti – conferma sorridendo lo chef – ma non inseguo le alchimie della chimica in cucina: l’azoto lo lascio all’industria, mi basta rivisitare i piatti della nostra tradizione siciliana, utilizzando però preparazioni inconsuete. Nei miei piatti si devono riconoscere i sapori degli ingredienti usati e ognuno di essi deve potersi distinguere, ma solo in bocca faccio che si ricomponga il sapore e ritorni alla memoria la ricetta originaria dalla quale la mia preparazione ha preso spunto”.

E’ chiaro che questo gioco diverte molto lo chef, ma si diverte anche il cliente che attraverso i social soprattutto rintraccia, incuriosito e affascinato, questo sperduto ristorante che ha traslocato soltanto a marzo dello scorso anno in cima alla montagna di Torregrotta, dopo aver trascorso una fortunata permanenza di sei anni in un angolodel suo centro storico. Immutato è rimasto il nome del ristorante, che per volontà del creativo chef, rievoca il grande artista Amedeo Modigliani, ispiratore di linee, volumi e geometrie per le sue composizioni dei piatti.

“Ho cominciato prestissimo – ricorda con orgoglio lo chef – a 13 anni, qui a Torregrotta dove sono nato. Lavori umili: friggevo patate per un ristorante che si riempiva nei fine settimana, ma tra quei fornelli ho capito che la cucina era il mio luogo ideale e fare il cuoco la mia vocazione. Ho studiato e lavorato sodo e già a 21anni, con la mia fidanzata Alessandra che mi ha seguito da Salina, avevo già il mio ristorante. Da allora la voglia di crescere e di migliorare non mi ha mai lasciato, ma faccio sempre un passo per volta, senza mai esagerare o affrettare i tempi”.

Di sé dice di essere un autodidatta, ma la formazione professionale, continua e di alto profilo, è il suo “chiodo fisso”. I corsi di aggiornamento dell’Urcs li segue tutti e volentieri e nel 2015 si è guadagnato il riconoscimento come “miglior cuoco emergente” assegnato proprio dall’unione regionale dei cuochi siciliani: una targa che tiene orgogliosamente esposta nel suo ristorante, un ambiente moderno, luminosissimo e chiaro come la seta che riveste l’interno dei cappelli a cilindro, con una enorme finestra che segue la linea curva della parete aperta sul golfo di Milazzo.

I miei ingredienti sono quelli del territorio – si affretta a sottolineare a scanso di ogni equivoco lo chef Giuseppe Geraci – anche se li presento sotto forma di creme, di pesti o vaporizzati. C’è l’olio di nocellara dell’Etna, il cappero di Salina, il pesce pescato all’amo nei nostri mari, verdura di stagione e tantissime erbe aromatiche del campo. Con i miei pochi coperti posso permettermi di selezionare ogni ingrediente e vado io stesso a cercarlo sul territorio, incontrando personalmente i produttori”.

Una scelta coraggiosa, quella di fare a Torregrotta, in un ristorante che vuole rimanere con pochi coperti per garantire qualità anche nel servizio, una cucina gourmee, corredata da una carta dei vini ricchissima e selezionata: un’attenzione per pochi palati e per pochi portafogli.

“Perché resto qua? Anche il mio amico Nino Cuttaia ha lasciato a Licata il suo ristorante – spiega – ed è lui il mio modello. Forse un giorno lascerò Torregrotta, ma adesso il mio posto è qua”.

Intanto il telefono squilla: è un turista straniero che non parla neanche bene l’italiano. “Mi dispiace, per stasera non c’è posto – si scusa lo chef siciliano – ma per domani avrà certamente un tavolo in terrazza”. I suoi clienti si sentono coccolati e spesso ritornano, aumentando col “passaparola” la popolarità del locale.

Il mio segreto? La passione con cui lavoro”. Non ha dubbi Giuseppe Geraci che sul braccio destro, quello più vicino al cuore, ne porta l’indelebile conferma: un tappeto di tatuaggi che spaziano dal fico d’india al limone, dal gambero all’alice, fittamente incastrati con alcuni dei più comuni e umili strumenti di lavoro della cucina tradizionale, come il macinino, la padella o la frusta.

La mia filosofia? Non far venire i clienti per riempirsi la pancia, ma per vivere un’esperienza. Solo così si fa la differenza. Lo spazio per un imprenditore che vuole lavorare bene, anche in Sicilia, c’è. E io l’ho trovato”.

Questa è la chiave del suo successo. E non è una magia.

L’arte di stupire

Di Alberto Cicero

E’ la creazione di un genio? O forse la mossa di uno chef che vuole stupire, meravigliare, attirare attenzione? Chissà…. Forse non lo sapremo mai.

Ogni piatto dello chef Giuseppe Geraci suscita questo interrogativo che resta, per ora, senza risposta. Ma c’è – di certo – che lo stupore generato dalle sue “creazioni” non transita velocemente. Piuttosto si mantiene ben oltre la degustazione.

Geraci è giovane. Ha l’entusiasmo e la “follia” di chi vuole percorrere tanta strada e vuole farlo senza passare inosservato. Parte da un tratto della provincia di Messina che non è certo fra i più celebrati e rinomati e forse proprio questo lo spinge a cercare lo stupore della gente, affinché la visita al suo “Modì” sia sempre di valore e meritevole quindi di replica.

Ma se genio è allora sarà certamente una strada in discesa verso la notorietà. Altrimenti, dovesse essere “solo” prestigiatore, le “invenzioni” prima o poi finiranno. Ma il nostro augurio è che non debbano mai finirgli estro e creatività.

E se tutto quello che oggi stupisce domani fosse la normalità? Non se lo chiedevano certo, geni dell’arte o della scienza quando aprivano itinerari nuovi. Lo facevano e basta. Come ritenevano giusto, come ritenevano doveroso per tutta l’umanità

Quindi avanti ancora, sulla strada delle sorprese e delle invenzioni. Per il palato sarà sempre un bilancio in positi

Corsi di aggiornamento indispensabili

Il parere di Angelo Di Lena

La cucina fatta in tv non è cucina! I programmi televisivi hanno dato importanza e visibilità alla nostra professione, ma il lavoro quotidiano è un’altra cosa: ci vuole rigore, umiltà e tanto sacrificio. I corsi di aggiornamento sono fondamentali per chi rispetta questo lavoro perché offrono gli strumenti necessari per una preparazionesolida e di livello. Le scuole alberghiere in Italia, purtroppo, offrono ai giovani poche opportunità di formazione pratica. In Svizzera ad esempio, dove vado a fare consulenza, i ragazzi ogni settimana hanno 5 giorni di attività presso strutture alberghiere e un solo rientro a scuola: questo la dice lunga sull’importanza che tanti Paesi danno alla preparazione sul campo.

Ricetta:

Di Chef Geraci

Linguine artigianali pastificio Piazza al Pesto di capperi di Salina tartare di gambero rosso di Mazara e scorza d arancia semi candita


Piatto Primo
Cucina Mediterranea
Porzioni 4 pp
Chef Giuseppe Geraci

Ingredienti

  • 360 g linguine

Per il pesto

  • 100 g capperi di Salina dissalati
  • 60 g mandorle
  • 100 g olio evo
  • 20 g basilico
  • 15 g parmigiano

Per l'arancia semi candita

  • 1 arancia
  • 100 g acqua
  • 100g zucchero

Istruzioni

  1. Pulire accuratamente i gamberi e batterli velocemente a coltello e condire con olio evo sale e pepe

    Per l 'arancia semi candita

    Bollire la scorza tagliata a julienne in acqua e successivamente in acqua e zucchero

    Cucinare le linguine in abbondante acqua salata e terminare la cottura in padella con il pesto e servire.

Per il pesto

  1.  unire tutti gli ingredienti e frullare

Per i Gamberi Marinati

  1. 200g gambero rosso di Mazara

    Pulire accuratamente i gamberi e batterli velocemente a coltello e condire con olio evo sale e pepe

Per l 'arancia semi candita

  1. Bollire la scorza tagliata a julienne in acqua e successivamente in acqua e zucchero 

Un balcone sulle Eolie 

Di Maria Torrisi

 

La costa tirrenica della provincia di Messina ha un compito straordinario. Quello di costituire la balconata da cui scorgere, ammirare e sognare le Isole Eolie. Le “sette sorelle” stanno lì, vicine e al tempo stesso alla distanza giusta per non essere terra di transito ma precisa scelta, turistica o di vita che sia.

E la terra dirimpettaia non può sfigurare a cospetto di tanta bellezza. Deve darsi un tono, deve avere la consapevolezza che le Isole non sono un corpo separato ma fanno parte di questa stessa terra. Che altrettanto vulcanica è. E affascinante. Come loro.

La piccola area ristretta fra Capo Milazzo e le periferie del capoluogo, sembrerebbe la “parente povera” dei luoghi che la circondano. Il Tirreno, alle spalle i Peloritani continuazione isolana degli Appennini e affascinanti. Specie per chi della Sicilia ha una visione ristretta di mare e coste ed Etna.

Milazzo è città nobile. Sin dallo scorso secolo i suoi locali sul lungomare inneggiavano silenziosamente a una sorta di “dolce vita” tirrenica, attirando giovani che scrutavano “famelici” le navi che lasciavano i turisti al porto magari appena per il transito verso le Eolie oppure intere famiglie che frequentavano le gelaterie.

Il suo protendersi dentro il mare è sfida e difesa al tempo stesso. E dà vita a un itinerario che in certi tratti si trasforma in uno strapiombo incantevole e suggestivo. Da un lato – a levante – le batterie di luci simmetriche della odiata-amata raffineria. Dall’altro – a ponente – l’inizio di quel piccolo paradiso che si chiude (ma mai completamente) con altri promontori: il Tindari, capo Calavà, Capo d’Orlando e via via fino all’altra gemma siciliana, Cefalù.

 

 

 

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