Visto che già due anni fa – dopo il primo e più contenuto crollo della produzione di olive – era entrato sul mercato falso olio extravergine, provocando lo scandalo denunciato dalle associazioni dei consumatori, a maggior ragione quest’anno, con una ben più pesante contrazione della produzione, il rischio di truffe e sofisticazioni è già dietro l’angolo.
“La scorciatoia truffaldina è uno degli effetti più probabili della contrazione dell’offerta di materia prima – è l’allarme dell’avv. Carmelo Calì, presidente regionale di Confconsumatori Sicilia e componente del direttivo nazionale – una conseguenza ancora più pesante
dell’aumento dei prezzi che è già stato annunciato dagli stessi produttori. Ma c’è ancora un altro rischio al quale si può andare incontro in situazioni di crisi di produzione così estese come quella di quest’anno, ossia che in bottiglia possa finire olio vecchio proveniente dagli stock dell’annata precedente”.
– Come possiamo tutelarci dal rischio che venga imbottigliato olio vecchio?
“Con la legge di delegazione europea del Parlamento, per poter etichettare un olio con la dicitura “100% italiano”, il produttore dovrà indicare in etichetta l’annata di produzione. Così, se leggete 2016/2017 sicuramente è olio “nuovo”, ma la dicitura non garantisce che il prodotto non sia ottenuto da miscela, anche se appartenente alla stessa campagna olearia”.
– L’olio extravergine è un alimento che si deteriora nel tempo, ma la data di scadenza non è più indicata.
“La data di scadenza era una garanzia aggiuntiva per i consumatori, espressamente indicata dall’articolo 7 della legge 9/2013 nella quale si dava indicazione di consumare l’olio entro 18 mesi dal suo imbottigliamento. Per l’Unione Europea però quella legge era troppo rigida e in contrasto con la normativa comunitaria, così l’Italia si è adeguata. Resta l’obbligo di indicare la data di imbottigliamento”.
– Il consumatore ha garanzie sulla integrità del prodotto confezionato quando questo è stato aperto?
“Si, nei bar, ristoranti e pizzerie ad esempio le bottiglie devono avere il tappo anti rabboccamento che garantisce che non venga aggiunto olio scadente a quello inizialmente contenuto in una bottiglia etichettata con marchio di qualità”.
– Alla fonte quali sono i più comuni ambiti di contraffazione?
“Per camuffare la scarsa qualità della materia prima, fino a pochi anni fa, si usava miscelare l’olio di nocciolo oppure “colorarlo” con la clorofilla. Tutti maquillage illegali oggi facilmente svelabili attraverso i nuovi strumenti di analisi. La deodorazione invece è da alcuni anni a questa parte la nuova frontiera della contraffazione. L’olio viene deodorato per camuffare difetti chimici e organolettici che nascono dalla cattiva conservazione delle olive oppure da una spremitura avvenuta quando già è in atto un processo di fermentazione. In questo caso l’olio viene portato ad elevate temperature, circa 200 gradi, per quasi due ore e i “cattivi odori” vengono nascosti”.
– E’ possibile svelare i trucchi di queste nuove contraffazioni?
“Si, certamente. Nonostante la deodorazione i difetti di un’oliva di scarsa qualità restano e si possono svelare attraverso l’utilizzo di alchil esteri, che se superano determinate concentrazioni (il valore soglia attualmente è di 35 mg/kg per i soli etil esteri, mentre il 100% italiano deve rispettare i 30 mg/kg come somma tra etil e metil esteri), smascherano la frode della deodorazione”.
– Le associazioni di consumatori hanno intrapreso spesso azioni, anche attraverso la forma della “class action”, per colpire i produttori che hanno realizzato truffe ai danni dei consumatori.
“Si, certo. A seguito di segnalazioni sono state avviate le indagini e, dopo le analisi di laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, non pochi prodotti sono stati declassati da oli extravergini in semplici oli vergini”.
– Quali caratteristiche vengono valutate durante i controlli?
“Un olio per essere extravergine deve rispettare tutti i parametri chimici previsti dalla normativa e superare la prova del panel test, obbligatoria per legge dal 1991, ovvero non riportare alcun difetto organolettico. La presenza anche di una sola attribuzione negativa rinvenuta dagli assaggiatori esperti e accreditati ne decreta il declassamento”.
– Troppo spesso si sente parlare di frode alimentare, penalmente sanzionata dal nostro ordinamento e dalle leggi comunitarie. Il deterrente più efficace è la certezza della pena?
“I controlli non sono sufficienti e bisognerebbe intensificare la tracciabilità del prodotto attraverso la banca dati del Sian, nella quale vengono registrate tutte le movimentazioni dell’olio d’oliva commercializzato in Italia. Poi bisognerebbe anche cominciare a valorizzare, con alcuni meccanismi premiali, le aziende che operano mettendo al centro delle loro politiche il consumatore”.
– Le associazioni di difesa dei consumatori stanno pensando ad un marchio di qualità?
“Un marchio di sostenibilità in realtà è già in corso di elaborazione. Dovrebbe essere adottato attraverso un regime facoltativo di certificazione e dovrebbe abbracciare tutta la filiera del vero olio extravergine d’oliva italiano. Si tratta di un marchio che racchiude valori economici, etici contro il lavoro nero, di tracciabilità e contiene i parametri qualitativi superiori del vero prodotto italiano. L’obiettivo finale non è sanzionare le imprese, ma creare un più solido rapporto di fiducia tra consumatori e aziende”.